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Channel: Trucchi & Segreti – Il Progettista Industriale
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Calcolare con semplicità le distanze funzionali

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Fig. 1. – Calcolo della distanza X e Y tra i bordi dei fori; poiché il riferimento B è una feature con tolleranza dimensionale, su questo è stato applicato un modificatore di massimo materiale che consente un ulteriore aumento della zona di errore (shift).

Il calcolo di distanze e interassi in presenza di tolleranze geometriche di localizzazione è estremamente complicato, soprattutto se durante il collaudo è necessario tener conto di tolleranze addizionali dovute al modificatore di massimo materiale per la tolleranza (Bonus) o addirittura sul riferimento (Shift)

Le distanze funzionali tra i fori possono essere calcolati con la catena tradizionale, seguendo la metodologia esposta nel quaderno di progettazione di giugno 2011 e riportata in figura 2.

La procedura risulta particolarmente complicata poiché ad esempio è necessario calcolare lo shift minimo nella colonna della tabella in cui l’elemento di riferimento è al massimo materiale e lo shift massimo nella colonna in cui l’elemento di riferimento è al minimo materiale. Per questo motivo viene illustrata una nuova procedura semplice e immediata attraverso delle considerazioni sulle dimensioni del contorno del foro, definendo una relazione dinamica e funzionale tra la dimensione del foro soggetta a tolleranza dimensionale e la tolleranza di posizione. Supponiamo di eseguire il calcolo nella condizione di massimo materiale che, nel caso del foro da 10 mm di figura 3, corrisponde a 9,7 mm. Se si considerano tutte le posizioni assunte dal foro all’interno della zona di tolleranza di 0.8 mm, viene ottenuto un contorno interno da non violare che definisce la dimensione virtuale cioè il contorno teorico interno di accoppiamento (Inner Boundary, IB); la dimensione virtuale è una quantità costante (8,9 mm), ottenuta sottraendo la tolleranza al massimo materiale (0.8) dalla dimensione di massimo materiale (9,7).

Fig. 3. – La condizione virtuale rappresenta il contorno interno del foro da non violare (è anche la dimensione del calibro funzionale). La dimensione virtuale è una quantità costante (9,7 per il foro più piccolo e 19,4 per il foro più grande) ottenuta sottraendo la tolleranza a MMC (0,8 e 0.4) dalla dimensione di massimo materiale (rispettivamente 9,7 e 19,8 mm). E’ possibile ottenere la distanza X massima (20,85) rilevando, anche geometricamente, la distanza tra i bordi interni (Inner Boundary) dei fori.

Allo stesso modo, nelle condizioni di minimo materiale del foro (10.3, fig. 4), se si considerano tutte le posizioni assunte dal foro all’interno della zona di tolleranza di 1,4 mm, è possibile definire la condizione risultante (11,7, contorno teorico esterno, Outer Boundary, OB). La condizione risultante si ottiene addizionando la tolleranza al minimo materiale (1,4) alla dimensione di minimo materiale (10,3). Si tenga presente che per gli alberi si dovrà procedere ad un calcolo diverso.

Volendo ottenere le dimensioni dei contorni dei fori della figura 1, si otterrà:
Per il foro da 10 mm: IB1= 9,7-0,8 = 8,9 OB1= 10,3+1,4= 11,7
Per il foro da 20 mm: IB2= 19,8-0,4 = 19,4 OB2= 20,2+0,8 = 21
La distanza X sarà ottenuta sottraendo dall’interasse teorico i due contorni limiti teorici (in termini radiali) e quindi sarà uguale a:
Xmax = 35- (IB1 + IB2 )/2 = 35-14.5 = 20.85 (figura 3)
Xmin = 35- (OB1 + OB2 )/2 = 35-16.35 = 18.65 (figura 4)
Lasciamo al lettore il calcolo della distanza Y massima e minima (uguale a 61,1 e 58,3).

Fig. 4. – La condizione risultante (contorno teorico esterno dei fori) si ottiene addizionando la tolleranza al minimo materiale (1,4 per il foro più piccolo e 0,8 per il foro più grande) alla dimensione di minimo materiale (rispettivamente 10,3 e 20,2 mm). E’ possibile ottenere la distanza X minima (18,65) rilevando, anche geometricamente, la distanza tra gli inviluppi esterni (Outer Boundary) dei fori.

 

 

 

 


Come valutare il costo di fabbricazione di un modello CAD

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Fig1

Il calcolo del costo viene effettuato sull’assieme di un’attrezzatura per lavorare un tirante a crociera (di colore viola in figura). L’utente ha creato alcune proprietà con il solo scopo di visualizzarle nella distinta materiali (la descrizione, il materiale, la lavorazione, la massa del componente), mentre ne ha create delle altre per poter calcolare i costi (la massa del grezzo, il costo del materiale, ed il costo delle lavorazioni meccaniche.

Uno dei vantaggi più evidenti derivanti dall’utilizzo di un sistema CAD tridimensionale è la possibilità di ricavare dalla distinta base, in maniera precisa e automatizzata, informazioni riguardanti le quantità dei componenti, la loro descrizione, il loro peso, la superficie verniciabile. Tutte queste informazioni sono molto preziose non solo per l’ufficio tecnico, ma anche per gli altri reparti dell’azienda che sono coinvolti nel processo come ad esempio l’ufficio acquisti per poter procedere con gli ordini del materiale grezzo, oppure degli articoli commerciali come la bulloneria o i componenti pneumatici.

Una informazione che può rivestire particolare interesse è sicuramente poter avere una valutazione del costo del prodotto prima ancora che venga fabbricato. Tale valutazione è sicuramente molto più agevole quando il CAD viene affiancato da un sistema PDM (Product Data Management), interfacciato con il sistema gestionale, ma questa informazione risulta disponibile solo al termine della fase di progettazione.

In realtà, una tendenza recente, è quella di rendere il processo interattivo, ovvero poter valutare il costo nel momento stesso in cui si sta disegnando il componente, dando maggiore responsabilità al progettista, che avrà il compito di valutare il progetto sotto un’altra ottica, quella del costo, ovvero andando a considerare tutti quei  parametri che possono direttamente influenzare il costo di fabbricazione di un componente (scelta del materiale, processo di fabbricazione, tipo di lavorazione meccanica, numero di lavorazioni meccaniche e costo di attrezzaggio delle macchine utensili).

Fig. 2. Per poter effettuare il calcolo del costo di approvvigionamento del materiale è necessario conoscere la massa del materiale grezzo di partenza (blocco, piastra, tondo, ecc..). Nel caso del componente in figura (un appoggio a V), le quote di 36 mm x 38 mm x 210 mm corrispondono alle dimensioni del grezzo di partenza corrispondenti a una barra trafilata da 40 x 40 mm, che poi viene tagliata alla lunghezza desiderata (in questo caso 210 mm). In molti sistemi vengono calcolate le dimensioni di massimo ingombro del componente, con l’indicazione delle quote del grezzo di partenza. La tabella riporta il calcolo delle 2 variabili “Volume Grezzo” e “Massa Grezzo” (pari al “Volume Grezzo” moltiplicato per la densità del materiale, fornita dal CAD).

Fig. 2. Per poter effettuare il calcolo del costo di approvvigionamento del materiale è necessario conoscere la massa del materiale grezzo di partenza (blocco, piastra, tondo, ecc..). Nel caso del componente in figura (un appoggio a V), le quote di 36 mm x 38 mm x 210 mm corrispondono alle dimensioni del grezzo di partenza corrispondenti a una barra trafilata da 40 x 40 mm, che poi viene tagliata alla lunghezza desiderata (in questo caso 210 mm). In molti sistemi vengono calcolate le dimensioni di massimo ingombro del componente, con l’indicazione delle quote del grezzo di partenza. La tabella riporta il calcolo delle 2 variabili “Volume Grezzo” e “Massa Grezzo” (pari al “Volume Grezzo” moltiplicato per la densità del materiale, fornita dal CAD).

L’obiettivo è quello di fare in modo che il progettista non solo si assicuri che il componente rispetti i criteri fissati per la sua funzionalità e resistenza strutturale, ma anche che il materiale e il processo di lavorazione scelti tra varie alternative siano quelli che portino ad avere il costo più basso possibile.

Si supponga di calcolare il costo di fabbricazione dell’assieme dell’attrezzatura di figura 1.  La procedura prevede di attribuire a ciascun componente delle proprietà direttamente correlate al calcolo dei costi (es. la massa del componente grezzo, o il costo della materia prima, L’attrezzatura monta alcuni componenti commerciali, per i quali si è considerata una sola voce di costo (il costo di acquisto), e poi comprende dei componenti meccanici che verranno fabbricati: per questi ultimi si è immaginato di suddividere il costo in due voci: il costo di approvvigionamento del materiale grezzo ed il costo delle lavorazioni meccaniche . Una fase molto importante della procedura è il calcolo del costo di approvvigionamento del materiale grezzo, descritta in figura 2. Per completare la procedura, all’utente basterà creare una distinta base che richiami le proprietà personalizzate e mostri il costo di fabbricazione dell’assieme (fig. 3).

Nel caso in esame:

Costo Acquisto Materiale = Massa Grezzo * Costo Materiale

Costo totale Materiale = Costo Acquisto Materiale * quantità

Costo totale lavorazioni = Costo Lavorazioni meccaniche * quantità

Costo totale componente = Costo totale materiale + costo totale lavorazioni

Fig. 3. Creazione della distinta base dell’assieme che mostra nelle colonne le proprietà dei componenti (descrizione, materiale, massa, ecc.), e viene utilizzata per visualizzare il calcolo dei costi. E’ possibile aggiungere una riga in fondo alla distinta base, in cui viene effettuata una operazione di somma totale delle celle sovrastanti per ottenere il costo complessivo per l’acquisto del materiale di tutti i componenti, il costo complessivo delle lavorazioni di tutti i componenti, ed infine il costo totale di fabbricazione dell’assieme. Nel caso in esame è evidente come la voce di costo preponderante sia il processo di fabbricazione del basamento in ghisa (costo dello stampo).

Fig. 3. Creazione della distinta base dell’assieme che mostra nelle colonne le proprietà dei componenti (descrizione, materiale, massa, ecc.), e viene utilizzata per visualizzare il calcolo dei costi. E’ possibile aggiungere una riga in fondo alla distinta base, in cui viene effettuata una operazione di somma totale delle celle sovrastanti per ottenere il costo complessivo per l’acquisto del materiale di tutti i componenti, il costo complessivo delle lavorazioni di tutti i componenti, ed infine il costo totale di fabbricazione dell’assieme. Nel caso in esame è evidente come la voce di costo preponderante sia il processo di fabbricazione del basamento in ghisa (costo dello stampo).

Alcuni sistemi offrono delle alternative all’utilizzo della distinta base per poter calcolare e visualizzare i costi, attraverso ad esempio tecniche che permettono di effettuare una classificazione dei componenti in base al costo e di rappresentarla graficamente (fig. 4).

La valutazione del costo all’interno del CAD consente di ottenere informazioni preziose già nelle primissime fasi di sviluppo del progetto (di contro, se si effettua l’operazione appoggiandosi al PDM o al sistema gestionale, si possono ottenere i costi solo a valle del processo, quando è stata generata la distinta base completa dell’assieme).

Fig. 4. Alcuni sistemi CAD dispongono di strumenti che permettono di classificare i componenti in base ad una proprietà scelta (es. il peso, oppure il costo totale) e di visualizzare il risultato con interfacce grafiche. Un metodo è quello che utilizza una scala cromatica che mostra con colori caldi i componenti di maggior costo, mentre man mano che la gradazione sfuma verso colori più freddi si ha una rappresentazione di componenti meno costosi). Inoltre è possibile visualizzare la classifica anche tramite istogrammi.

Fig. 4. Alcuni sistemi CAD dispongono di strumenti che permettono di classificare i componenti in base ad una proprietà scelta (es. il peso, oppure il costo totale) e di visualizzare il risultato con interfacce grafiche. Un metodo è quello che utilizza una scala cromatica che mostra con colori caldi i componenti di maggior costo, mentre man mano che la gradazione sfuma verso colori più freddi si ha una rappresentazione di componenti meno costosi). Inoltre è possibile visualizzare la classifica anche tramite istogrammi.

Trucchi e segreti per la verifica di tolleranze di localizzazione

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Fig. 1- Il controllo delle tolleranze geometriche per la stragrande maggioranza di pezzi prodotti si realizza attraverso l’elaborazione manuale dei dati raccolti con strumenti di misura tradizionali, o via software, utilizzando una macchina di misura a coordinate.

Fig. 1- Il controllo delle tolleranze geometriche per la stragrande maggioranza di pezzi prodotti si realizza attraverso l’elaborazione manuale dei dati raccolti con strumenti di misura tradizionali, o via software, utilizzando una macchina di misura a coordinate.

L’uso di calibri funzionali è generalmente limitato ai casi in cui debbano essere verificati una grande quantità di componenti in modo che il tempo ridotto di ispezione possa compensare l’elevato costo di produzione del calibro. Per questo motivo, il controllo delle tolleranze geometriche per la stragrande maggioranza di pezzi prodotti si realizza attraverso l’elaborazione manuale dei dati raccolti con strumenti di misura tradizionali, o via software, utilizzando una macchina di misura a coordinate (CMM, fig. 1). In questo caso un calibro è simulato usando i dati rilevati dalla macchina ed elaborando i risultati attraverso un’analisi grafica oppure utilizzando opportuni software dedicati.

Fig. 2 - Quotatura funzionale di un componente: in alto la quotatura diretta sul modello 3D, con l’indicazione della geometria teoricamente esatta. In basso, la quotatura sul disegno; il modificatore del massimo materiale nella tolleranza di localizzazione consente l’aumento della tolleranza disponibile quando il foro si allontana dalle condizioni di massimo materiale.

Fig. 2 – Quotatura funzionale di un componente: in alto la quotatura diretta sul modello 3D, con l’indicazione della geometria teoricamente esatta. In basso, la quotatura sul disegno; il modificatore del massimo materiale nella tolleranza di localizzazione consente l’aumento della tolleranza disponibile quando il foro si allontana dalle condizioni di massimo materiale.

Si consideri ad esempio il componente di figura 2. Per il calcolo della tolleranza disponibile, è necessario utilizzare una procedura complessa che comporta il controllo del diametro del foro, la somma della tolleranza al bonus disponibile e infine il rilievo della posizione dell’asse del foro (la procedura è stata illustrata nei quaderni di progettazione di luglio 2011). Naturalmente si richiede il bloccaggio del pezzo in un sistema di riferimento a 3 piani (Datum Reference Frame, DRF) rispettando la sequenza dei datum prevista dal disegno (fig. 3).

Fig. 3 - Per il calcolo della tolleranza disponibile, è necessario utilizzare una procedura complessa che comporta il controllo del diametro del foro, la somma della tolleranza al bonus disponibile e infine il rilievo della posizione dell’asse del foro. Naturalmente si richiede il bloccaggio del pezzo in un sistema di riferimento a 3 piani (Datum Reference Frame, DRF) rispettando la sequenza dei datum prevista dal disegno.

Fig. 3 – Per il calcolo della tolleranza disponibile, è necessario utilizzare una procedura complessa che comporta il controllo del diametro del foro, la somma della tolleranza al bonus disponibile e infine il rilievo della posizione dell’asse del foro. Naturalmente si richiede il bloccaggio del pezzo in un sistema di riferimento a 3 piani (Datum Reference Frame, DRF) rispettando la sequenza dei datum prevista dal disegno.

Per questo motivo viene illustrata una nuova procedura semplice e immediata attraverso delle considerazioni sulle dimensioni del contorno del foro, definendo una relazione dinamica e funzionale tra la dimensione del foro soggetta a tolleranza dimensionale e la tolleranza di posizione. Se si considerano tutte le posizioni assunte dal foro all’interno della zona di tolleranza di 0.4 mm, viene ottenuto un contorno interno da non violare che definisce la dimensione virtuale cioè il contorno teorico interno di accoppiamento (Inner Boundary, IB); la dimensione virtuale è una quantità costante (19,4 mm), ottenuta sottraendo la tolleranza (0.4) dalla dimensione di massimo materiale (19,8). Questa dimensione corrisponde anche a quella dei perni di controllo di un calibro funzionale, che possono essere simulati da un controllo effettuata con macchina di misura a coordinate.

Fig. 4 - La condizione virtuale rappresenta il contorno interno del foro da non violare (è anche la dimensione del calibro funzionale). La dimensione virtuale è una quantità costante (19,4) ottenuta sottraendo la tolleranza (0.4) dalla dimensione di massimo materiale (19,8 mm). Il controllo con macchina CMM dovrà quindi evitare che il contorno del foro violi l’Inner Boundary, le cui distanze dai riferimenti possono essere ottenute facilmente.

Fig. 4 – La condizione virtuale rappresenta il contorno interno del foro da non violare (è anche la dimensione del calibro funzionale). La dimensione virtuale è una quantità costante (19,4) ottenuta sottraendo la tolleranza (0.4) dalla dimensione di massimo materiale (19,8 mm). Il controllo con macchina CMM dovrà quindi evitare che il contorno del foro violi l’Inner Boundary, le cui distanze dai riferimenti possono essere ottenute facilmente.

Il controllo con macchina CMM dovrà quindi evitare che il contorno del foro violi l’Inner Boundary-Volendo ottenere le distanze dai riferimenti dell’Inner Boundary della figura 4, basterà addizionare e sottrarre, dalla dimensione teoricamente esatta, la metà della dimensione virtuale.

Mentre si modella, il sistema CAD può calcolare il costo di fabbricazione?

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Fig. 1 - Per le operazioni di tornitura viene utilizzata questa formula per calcolare la velocità di asportazione Va del materiale (espressa in mm3/min): Va = Vp ∙ f ∙ d dove Vp è la velocità periferica del componente in rotazione (mm/min), f è il la velocità di alimentazione, ovvero di quanto avanza il componente ad ogni rotazione (mm), e d è  la profondità del taglio (mm). Noto Va il software risale così al costo dell’operazione: tempo [min] = volume materiale asportato [mm3]/Va [mm3/min] Costo [€] = tempo [min]∙costo macchina [€/min]

Fig. 1 – Per le operazioni di tornitura viene utilizzata questa formula per calcolare la velocità di asportazione Va del materiale (espressa in mm3/min):
Va = Vp ∙ f ∙ d
dove Vp è la velocità periferica del componente in rotazione (mm/min), f è il la velocità di alimentazione, ovvero di quanto avanza il componente ad ogni rotazione (mm), e d è la profondità del taglio (mm).
Noto Va il software risale così al costo dell’operazione:
tempo [min] = volume materiale asportato [mm3]/Va [mm3/min]Costo [€] = tempo [min]∙costo macchina [€/min]

Negli ultimi anni l’esigenza di valutare il costo di un progetto fin dalle primissime fasi di sviluppo è diventata sempre più importante e quindi i software CAD stanno cercando di soddisfarla introducendo degli strumenti di valutazione del costo sempre più veloci e sempre più automatizzati.

In un periodo di altissima competizione questi strumenti forniscono un ausilio determinante alle varie figure coinvolte nella gestione di una commessa:

l’imprenditore può sapere già nelle prime fasi di concezione del progetto se gli obbiettivi di margine da raggiungere possono essere erosi da costi di produzione eccessivi. Se tali target non fossero raggiunti può fare subito intervenire il reparto progettazione per operare delle modifiche atte a ridurre i costi.

Il progettista, in quanto questi strumenti abbattono finalmente le barriere tra progettazione e produzione, permettendo di avere delle valutazioni del costo in tempo reale. Ciò gli permette di operare delle scelte nell’ottica del “Design to Cost” fin dalle prime fasi di progettazione quando l’impatto sui tempi e sui costi di progettazione è molto basso.

Fig. 2 - Alcuni dati presenti nel database dei software di costing per poter calcolare il costo: è possibile personalizzarli inserendo i propri parametri di costo. La prima tabella contiene le varie tipologie di materiali ed il parametro di costo al Kg. La seconda contiene tempi d’attrezzaggio, i costi macchina e di mano d’opera, e la velocità massima della macchina, ed infine la terza contiene i parametri della macchina che vengono utilizzati per il calcolo della velocità di asportazione del materiale. È possibile reperire le informazioni su questi ultimi parametri nei cataloghi degli utensili da taglio o tramite i software forniti dai produttori di utensili.

Fig. 2 – Alcuni dati presenti nel database dei software di costing per poter calcolare il costo: è possibile personalizzarli inserendo i propri parametri di costo. La prima tabella contiene le varie tipologie di materiali ed il parametro di costo al Kg. La seconda contiene tempi d’attrezzaggio, i costi macchina e di mano d’opera, e la velocità massima della macchina, ed infine la terza contiene i parametri della macchina che vengono utilizzati per il calcolo della velocità di asportazione del materiale. È possibile reperire le informazioni su questi ultimi parametri nei cataloghi degli utensili da taglio o tramite i software forniti dai produttori di utensili.

Il reparto produzione o il terzista in quanto è possibile dare delle stime di costo molto più rapide e precise (ripetibili e sulla base di dati misurabili) rispetto alle valutazioni basate su calcoli manuali, fogli Excel, o sull’esperienza.

Gli strumenti di “costing” oggi disponibili possono effettuare valutazioni sia su componenti prodotti con lavorazioni per asportazione di truciolo, sia particolari in lamiera prodotti con processi di deformazione plastica. Il calcolo si basa su parametri geometrici e topologici che vengono calcolati dal CAD (volume del componente finito, volume asportato di materiale, perimetro esterno della lamiera o delle asole interne, ecc..), e su un database contenente parametri utili a calcolare il costo (dimensioni del materiale grezzo e costo al Kg, costo delle lavorazioni e di attrezzaggio delle macchine).

Fig. 3 - Esempio di un componente prodotto con lavorazioni per asportazione di truciolo su cui il software di costing effettua una valutazione del costo. Nella prima fase di calcolo del costo l’utente sceglie il tipo di materiale grezzo da utilizzare e le sue dimensioni e il software calcola il costo del materiale grezzo utilizzando i dati di costo nel database ed il peso del tondo grezzo. Le operazioni da effettuare vengono determinate automaticamente sia in base alla geometria, sia in base alle feature di modellazione utilizzate (es. una lavorazione verrà effettuata per trapanatura invece che per fresatura se la feature di modellazione che è stata utilizzata è una foratura). Nel caso in esame il costing rileva che per produrre il componente dal pieno è necessario svolgere delle operazioni di tornitura esterna e foratura. Il software quindi calcola il volume di materiale asportato tramite una serie di operazioni booleane rispetto al grezzo di partenza, per poi calcolare il costo del componente sulla base della velocità di asportazione del materiale (Va) e del costo macchina. La valutazione finale del costo suddivide il contributo del costo di del materiale grezzo (63%) dal costo delle operazioni di lavorazione meccanica (37%).

Fig. 3 – Esempio di un componente prodotto con lavorazioni per asportazione di truciolo su cui il software di costing effettua una valutazione del costo. Nella prima fase di calcolo del costo l’utente sceglie il tipo di materiale grezzo da utilizzare e le sue dimensioni e il software calcola il costo del materiale grezzo utilizzando i dati di costo nel database ed il peso del tondo grezzo. Le operazioni da effettuare vengono determinate automaticamente sia in base alla geometria, sia in base alle feature di modellazione utilizzate (es. una lavorazione verrà effettuata per trapanatura invece che per fresatura se la feature di modellazione che è stata utilizzata è una foratura). Nel caso in esame il costing rileva che per produrre il componente dal pieno è necessario svolgere delle operazioni di tornitura esterna e foratura. Il software quindi calcola il volume di materiale asportato tramite una serie di operazioni booleane rispetto al grezzo di partenza, per poi calcolare il costo del componente sulla base della velocità di asportazione del materiale (Va) e del costo macchina. La valutazione finale del costo suddivide il contributo del costo di del materiale grezzo (63%) dal costo delle operazioni di lavorazione meccanica (37%).

Fig.3BNel caso delle lavorazioni per asportazione di truciolo il software calcola dei tempi per svolgere l’operazione sulla base di formule ormai consolidate nel campo delle lavorazioni meccaniche, e da questi deriva dei costi di lavorazione. La figura 1 mostra la formula utilizzata per le operazioni di tornitura mentre la figura 2 mostra un estratto di alcuni dati presenti nel database del costing che possono essere utilizzati per un calcolo dei costi di operazioni di tornitura.

La valutazione del costo può diventare altamente dettagliata aggiungendo ulteriori parametri, come ad esempio il costo della manodopera, il costo di attrezzaggio, o il costo di ulteriori operazioni come la finitura superficiale, i trattamenti termici, o la verniciatura. La figura 3 mostra una valutazione di costo effettuata su di un componente prodotto con lavorazioni per asportazione di truciolo.

Fig. 4 - Scegliendo di produrre il componente a partire da due particolari che vengono saldati, si ha una drastica riduzione del costo rispetto al caso precedente. Il software di costing è in grado di mostrare il costo totale ed il contributo che viene dato dai singoli particolari.

Fig. 4 – Scegliendo di produrre il componente a partire da due particolari che vengono saldati, si ha una drastica riduzione del costo rispetto al caso precedente. Il software di costing è in grado di mostrare il costo totale ed il contributo che viene dato dai singoli particolari.

Il componente dell’esempio risulta avere un costo molto elevato dal momento che il materiale grezzo da utilizzare ha un volume molto elevato, e la quantità di materiale da asportare è molto grande. In un caso come questo il progettista, nell’ottica del “Design to cost” può pensare a metodi alternativi di fabbricazione per ridurre il costo. Ad esempio, come mostrato in figura 4, potrebbe pensare di produrre il componente come due particolari separati saldati: in questo modo si ha un abbattimento del costo di oltre il 74 %.

Come personalizzare il sistema di riferimento GD&T

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fig1

Fig. 1 – I riferimenti simulati sono concettualmente perfetti, o fisicamente quasi perfetti, e rappresentano il ponte tra il mondo reale imperfetto dei datum feature e il mondo immaginario perfetto dei Datum. I riferimenti simulati hanno il compito di definire il DRF (Datum Reference Frame), cioè il sistema di riferimento a 3 piani perpendicolari che definisce l’origine per le misure e permette il bloccaggio del pezzo durante il controllo o la lavorazione.

fig2

Fig. 2 – Il riferimento primario elimina tre gradi di libertà (2 rotazionali, u e v e uno lineare Z). Il riferimento secondario elimina 2 gradi di libertà (un lineare Y e rotazionale w). Infine il riferimento terziario elimina l’ultimo grado di libertà di traslazione X.

fig3

Fig. 3 – Per rendere più chiara l’identificazione del DRF, la nuova norma ASME del 2009 ha introdotto la possibilità di identificare nel disegno gli assi del sistema di riferimento, attraverso l’identificazione dei gradi di libertà di traslazione lungo le direzioni X, Y e Z.

FIG5

Fig. 5 – E’ possibile variare il numero di gradi di libertà eliminati da ogni Datum trasferendo, ad esempio, dal riferimento B al riferimento C il compito di limitare il grado di libertà lungo la direzione x.

figura4

Fig. 4 – E’ possibile indicare tra parentesi quadra i gradi di liberà eliminati: il riferimento primario A elimina tre gradi di libertà u, v e z, il riferimento secondario B (asse del foro da 14 mm) elimina due gradi di libertà traslazionali x e y, ed infine il terzo riferimento C ha il compito di bloccare la rotazione w.

Il riferimento (o datum) è un elemento geometrico astratto, di forma perfetta, assunto come origine per stabilire dimensioni e localizzazione delle singolarità geometriche di un componente. E’ opportuno distinguere tra l’elemento di riferimento reale del pezzo (denominato datum feature) e il datum che rappresenta la controparte perfetta della datum feature (es. un piano ideale), o l’asse della controparte geometrica perfetta. Gli elementi di riferimento sono particolari superfici fisiche di parti reali etichettati e imperfetti, che servono a limitare i gradi di libertà (di rotazione e traslazione) durante i processi di assemblaggio. I riferimenti simulati sono concettualmente perfetti, o fisicamente quasi perfetti, e rappresentano il ponte tra il mondo reale imperfetto dei datum feature e il mondo immaginario perfetto dei Datum (fig. 1). I riferimenti simulati hanno il compito di definire il DRF (Datum Reference Frame), cioè il sistema di riferimento a 3 piani perpendicolari che definisce l’origine per le misure e permette il bloccaggio del pezzo durante il controllo o la lavorazione. Il riferimento primario A elimina tre gradi di libertà (2 rotazionali, u e v e uno lineare Z). Il riferimento secondario elimina 2 gradi di libertà (lineare Y e rotazionale w). Infine il riferimento terziario elimina l’ultimo grado di libertà di traslazione X (fig. 2). Per rendere più chiara l’identificazione del DRF, la nuova norma del 2009 ha introdotto la possibilità di identificare nel disegno gli assi del sistema di riferimento, attraverso l’identificazione dei gradi di libertà di traslazione lungo le direzioni X, Y e Z (fig. 3). La nuova norma ASME Y14.5 del 2009 ha introdotto la possibilità di personalizzare il numero di gradi di libertà eliminati da ogni piano del DRF. Ad esempio nel componente di figura 4, accanto alla definizione dei datum, sono stati indicati tra parentesi quadra i gradi di liberà eliminati: il riferimento primario A elimina tre gradi di libertà u, v e z, il riferimento secondario B (asse del foro da 14 mm) elimina due gradi di libertà traslazionali x e y, ed infine il terzo riferimento C ha il compito di bloccare la rotazione w. In base ad esigenze progettuali, è possibile variare il numero di gradi di libertà eliminati dai Datum: ad esempio nella figura 5, il compito di limitare il grado di libertà lungo la direzione x è passato dal riferimento B al riferimento C. Lasciamo ai lettori il progetto del calibro funzionale per il controllo della piastra nelle due configurazioni proposte.

Le condizioni al contorno nelle analisi strutturali: come valutare la loro scelta

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Fig. 1 - Esempio di una trave IPE appoggiata e soggetta ad un carico uniformemente distribuito in cui si vuole calcolare la freccia massima e la sollecitazione. A) L'utente imposta come condizioni al contorno una forza uniformemente distribuita ed un vincolo fisso, che è in genere il vincolo di default proposto dai software di calcolo. B) Il risultato sullo spostamento massimo non coincide con quello che si aspettava l'utente, in quanto il valore è da ritenersi troppo basso, ed inoltre la sollecitazione massima non è localizzata nel punto in cui l'utente riteneva dovesse avere il valore più alto: infatti dovrebbe essere sollecitata di più la mezzeria della trave, mentre il grafico evidenzia i valori più alti sugli appoggi. Per capire il motivo di queste incongruenze basta effettuare due verifiche. C) Verifica 1: l'andamento del taglio è quello che ci si può aspettare in una trave appoggiata, mentre l'andamento del momento evidenza due flessi che non devono essere presenti per una trave appoggiata. D) Verifica 2: le reazioni vincolari evidenziano che sui vincoli si sono generati dei momenti che non dovrebbero esserci in una trave appoggiata. Ciò evidenzia che il vincolo si comporta come un incastro perfetto, e quindi la struttura non si comporta come pensava l’utente, che avrebbe voluto simulare una trave appoggiata.

Fig. 1 – Esempio di una trave IPE appoggiata e soggetta ad un carico uniformemente distribuito in cui si vuole calcolare la freccia massima e la sollecitazione. A) L’utente imposta come condizioni al contorno una forza uniformemente distribuita ed un vincolo fisso, che è in genere il vincolo di default proposto dai software di calcolo. B) Il risultato sullo spostamento massimo non coincide con quello che si aspettava l’utente, in quanto il valore è da ritenersi troppo basso, ed inoltre la sollecitazione massima non è localizzata nel punto in cui l’utente riteneva dovesse avere il valore più alto: infatti dovrebbe essere sollecitata di più la mezzeria della trave, mentre il grafico evidenzia i valori più alti sugli appoggi. Per capire il motivo di queste incongruenze basta effettuare due verifiche. C) Verifica 1: l’andamento del taglio è quello che ci si può aspettare in una trave appoggiata, mentre l’andamento del momento evidenza due flessi che non devono essere presenti per una trave appoggiata. D) Verifica 2: le reazioni vincolari evidenziano che sui vincoli si sono generati dei momenti che non dovrebbero esserci in una trave appoggiata. Ciò evidenzia che il vincolo si comporta come un incastro perfetto, e quindi la struttura non si comporta come pensava l’utente, che avrebbe voluto simulare una trave appoggiata.

La grande semplicità delle interfacce dei software di simulazione integrati nei CAD e la rapidità con cui vengono svolti i calcoli porta spesso il progettista a dare per scontato che, nel momento in cui si imposta una condizione al contorno, il software abbia implicitamente interpretato in maniera corretta il comportamento che lui vorrebbe dare al modello, e che così otterrà dalla simulazione esattamente i risultati che si aspetta. Nonostante che l’evoluzione delle interfacce dei software di calcolo abbia automatizzato e reso estremamente semplice l’impostazione di un’analisi, il progettista è tenuto a svolgere dei controlli, documentandosi sul funzionamento delle condizioni al contorno utilizzabili nel proprio software in modo per poter effettuare delle scelte consapevoli e coerenti. A differenza dei calcoli manuali, le simulazioni operano su modelli tridimensionali in cui i gradi di libertà dei corpi sono 6, e dove possono esserci più carichi applicati contemporaneamente con diverse direzioni nello spazio. In queste condizioni, anche facendo scelte apparentemente ponderate, non è semplice essere certi a priori di aver eseguito una impostazione corretta del calcolo e quindi si suggerisce di svolgere dei controlli a posteriori valutando attentamente i risultati ottenuti:

–          Se precedentemente è stata fatta una prova di collaudo sulla struttura è possibile capire molto facilmente se le condizioni al contorno che si sono inserite siano corrette confrontando l’entità delle frecce e la deformata con i dati sperimentali

–          Se si sta effettuando una simulazione su un progetto nuovo si suggerisce di raccogliere delle informazioni dai risultati per ottenere delle utili indicazioni sulla correttezza del calcolo: valutare attentamente se la deformata è verosimile, controllare se le reazioni vincolari coincidono col carico totale che si pensa di aver applicato alla struttura sommato al peso proprio, valutare se l’entità delle frecce e la zona dove è localizzato il loro valore massimo sono verosimili, identificare le zone dove le sollecitazioni sono più alte per capire se corrispondono alle zone dove, in base alla propria esperienza di progettazione la struttura è più plausibile che entri in crisi.

–          Se si hanno dei dubbi sul funzionamento di una condizione al contorno (es. un carico o un vincolo), costruire un modello semplificato verificabile con calcoli manuali: eventuali differenze tra i risultati della simulazione e quelli del calcolo manuale indicheranno che sarà senz’altro da rivedere la propria scelta su una delle condizioni applicate.

Fig. 2 - Identificata la causa del problema diventa molto agevole correggerlo. A) E' sufficiente impostare un tipico schema di vincolo per una trave appoggiata ipostatica: sul lato sinistro una cerniera, ovvero un vincolo che blocca soltanto le traslazioni ma lascia libere le rotazioni, mentre sulla destra un vincolo pattino, ovvero che lascia liberi tutti i gradi di libertà tranne lo spostamento nella direzione verticale. B) Gli spostamenti hanno valori in linea con quelli che si aspetta il progettista e il punto dove si ha la sollecitazione massima, è la mezzeria della trave, in linea con le attese. C) L'andamento del taglio e del momento corrisponde esattamente a quello che la teoria delle travi prescrive per una trave isostatica appoggiata. D) Un'ulteriore conferma della corretta impostazione del calcolo e data dal fatto che le uniche reazioni vincolari significative sono due forze verticali corrispondenti ognuna a metà del carico.

Fig. 2 – Identificata la causa del problema diventa molto agevole correggerlo. A) E’ sufficiente impostare un tipico schema di vincolo per una trave appoggiata ipostatica: sul lato sinistro una cerniera, ovvero un vincolo che blocca soltanto le traslazioni ma lascia libere le rotazioni, mentre sulla destra un vincolo pattino, ovvero che lascia liberi tutti i gradi di libertà tranne lo spostamento nella direzione verticale. B) Gli spostamenti hanno valori in linea con quelli che si aspetta il progettista e il punto dove si ha la sollecitazione massima, è la mezzeria della trave, in linea con le attese. C) L’andamento del taglio e del momento corrisponde esattamente a quello che la teoria delle travi prescrive per una trave isostatica appoggiata. D) Un’ulteriore conferma della corretta impostazione del calcolo e data dal fatto che le uniche reazioni vincolari significative sono due forze verticali corrispondenti ognuna a metà del carico.

La figura 1 illustra un esempio pratico di una trave IPE, in cui una scelta sui vincoli fatta istintivamente e non supportata dai riscontri riportati sopra, possa portare ad ottenere dei risultati non corretti. La figura 2 mostra invece come si possano ottenere i risultati attesi modificando opportunamente le condizioni di vincolo.

Un’altra applicazione molto comune del calcolo strutturale è la determinazione della freccia massima di una vasca contenente un liquido (ad esempio una vasca per galvanica, fig. 3). In questo caso è importante conoscere in anticipo il comportamento della struttura per guidare la scelta sugli spessori delle lamiere, le sezioni dei profili di rinforzo che verranno utilizzati, il loro numero ottimale e la loro distribuzione. La difficoltà principale nell’impostare un calcolo di questo tipo è come applicare correttamente il carico per simulare l’azione del fluido sulle pareti. E’ necessario infatti tenere conto che il liquido esercita una azione di tipo idrostatico, con una pressione che cresce linearmente dal pelo libero al fondo della vasca.

In genere i software di calcolo strutturale hanno la possibilità di definire delle pressioni non uniformemente distribuite descrivendole con una equazione polinomiale rispetto ad un sistema di coordinate di riferimento.

Per descrivere la pressione idrostatica è sufficiente quindi costruire nel modello CAD un sistema di coordinate di riferimento con l’origine sul pelo libero, e fare in modo che l’asse y abbia la direzione della gravità (verso il basso) e verso positivo nella direzione in cui si aumenta la pressione (verso il fondo del serbatoio). Il valore di pressione da utilizzare, espresso in unità del SI (cioè N/m2) sarà il prodotto della densità del liquido per l’accelerazione di gravità. Poiché la pressione idrostatica è descritta da una relazione di tipo lineare in cui la pressione aumenta con la quota di altezza della vasca (y), i coefficienti dell’equazione avranno tutti valore zero, tranne C, che sarà pari ad 1.

Fig. 3 - Determinazione della freccia massima di una vasca per galvanica, ipotizzando che la vasca sia piena di acqua e che i carichi agenti siano la pressione del liquido e la pressione atmosferica. Il contributo di quest'ultima è trascurabile, perché sulle pareti laterali si hanno due azioni uguali e contrarie che si elidono a vicenda. Considerando l'equazione che descrive una pressione non uniforme ed un sistema di coordinate posto sul pelo libero, per una distribuzione di pressione di tipo idrostatico, la relazione è lineare e man mano che la quota h aumenta, aumenta anche la pressione, che è proporzionale alla densità del fluido e all’accelerazione di gravità.

Fig. 3 – Determinazione della freccia massima di una vasca per galvanica, ipotizzando che la vasca sia piena di acqua e che i carichi agenti siano la pressione del liquido e la pressione atmosferica. Il contributo di quest’ultima è trascurabile, perché sulle pareti laterali si hanno due azioni uguali e contrarie che si elidono a vicenda. Considerando l’equazione che descrive una pressione non uniforme ed un sistema di coordinate posto sul pelo libero, per una distribuzione di pressione di tipo idrostatico, la relazione è lineare e man mano che la quota h aumenta, aumenta anche la pressione, che è proporzionale alla densità del fluido e all’accelerazione di gravità.

In figura 3 viene mostrata una schematizzazione delle condizioni di carico e dell’equazione che descrive il carico di pressione non uniforme. L’utente quindi deve costruire sul modello CAD un sistema di coordinate in corrispondenza del pelo libero con l’asse y rivolto verso il basso e poi applicare il carico di pressione variabile.

Fig. 4 - A) Modello CAD e sistema di coordinate di riferimento posizionato sul pelo libero con l'asse y rivolto nella direzione in cui incrementa la pressione del liquido. B) Dopo aver applicato la pressione non uniforme il sistema CAD mostra una simbologia che fa intuire che non si tratta di una pressione costante ma di una pressione di tipo idrostatico (infatti, i vettori alla base sono più lunghi di quelli nelle vicinanze del pelo libero). C) Deformata e valori della freccia della vasca a seguito dell'azione del liquido: questa informazione è un dato indispensabile per la progettazione della vasca.

Fig. 4 – A) Modello CAD e sistema di coordinate di riferimento posizionato sul pelo libero con l’asse y rivolto nella direzione in cui incrementa la pressione del liquido. B) Dopo aver applicato la pressione non uniforme il sistema CAD mostra una simbologia che fa intuire che non si tratta di una pressione costante ma di una pressione di tipo idrostatico (infatti, i vettori alla base sono più lunghi di quelli nelle vicinanze del pelo libero). C) Deformata e valori della freccia della vasca a seguito dell’azione del liquido: questa informazione è un dato indispensabile per la progettazione della vasca.

La figura 4 mostra la distribuzione dello spostamento nella vasca e l’andamento della deformata che forniscono già un riscontro positivo che la condizione impostata sia corretta: volendo effettuare una ulteriore verifica si suggerisce di controllare se le reazioni vincolari siano pari alla somma del peso totale del battente di liquido più il peso proprio della struttura.

 

 

Come decodificare i simboli GD&T

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Fig. 1 – Nel disegno sono stati scelti come elementi di riferimento (Datum feature) la superficie A, il foro da 24 mm e la scanalatura da 20 mm. Il riferimento primario viene qualificato da una tolleranza di planarità e quello secondario da una tolleranza di perpendicolarità. I due fori da 15 mm sono localizzati rispetto ai 3 riferimenti, con un modificatore di massimo materiale sul riferimento C, che viene interpretato con una mobilità della zona di tolleranza

GD&T (Geometric Dimensioning and Tolerancing) è un linguaggio simbolico che consente di gestire la geometria reale imperfetta in modo “perfetto”, attraverso la defi nizione di permissibili limiti di imperfezione, in modo da garantire l’assemblaggio e la funzionalità. Utilizzando il toolkit del linguaggio simbolico è possibile codificare i riferimenti, la dimensione, l’orientamento e la localizzazione delle zone di tolleranze e anche le modalità di controllo.

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Fig. 2 – Codifica del “feature control frame” della tolleranza di localizzazione, con l’illustrazione dei vari campi del controllo. Il simbolo M cerchiato assume significati diversi nei vari campi

Si prenda ad esempio il componente di figura 1, nel quale sono stati scelti come elementi di riferimento (Datum feature) la superficie A, il foro da 24 mm e la scanalatura da 20 mm. Il riferimento primario viene qualificato da una tolleranza di planarità e quello secondario da una tolleranza di perpendicolarità. I due fori da 15 mm sono localizzati rispetto ai 3 riferimenti A, B e C, impostando il riferimento simulato C con un modificatore di massimo materiale, che viene interpretato con una mobilità della zona di tolleranza. La figura 2 illustra la codifica del “feature control frame” della tolleranza di localizzazione, con l’illustrazione dei vari campi del controllo. Una volta realizzato il disegno, è opportuno decodificare la simbologia GD&T: diventa quindi importante per ogni azienda organizzare corsi di formazione per tecnici e progettisti con l’obiettivo di acquisire competenze sulla grammatica e sintassi del linguaggio GD&T.

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L’ottimizzazione geometrica: modelli 3D che si progettano da soli?

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L’ottimizzazione geometrica verrà effettuata su un serbatoio: l’obbiettivo è determinare la confi gurazione geometrica che fa sì che il volume di liquido contenuto raggiunga un determinato valore. I parametri geometrici su cui si può intervenire sono l’altezza H, il diametro D, e il raggio della cupola R.

L’ottimizzazione
geometrica verrà effettuata
su un serbatoio: l’obbiettivo è
determinare la confi gurazione
geometrica che fa sì che il
volume di liquido contenuto
raggiunga un determinato
valore. I parametri geometrici
su cui si può intervenire sono
l’altezza H, il diametro D, e il
raggio della cupola R.

L’obbiettivo può costituire un requisito funzionale, per esempio fare in modo che il peso del componente resti al di sotto di una certa soglia, che il volume interno o la superficie esterna raggiungano un determinato valore. Il progettista può determinare la configurazione geometrica del modello che permetta di raggiungere il requisito funzionale attraverso un processo iterativo che comporta continue modifiche alla geometria del modello finché non viene raggiunto l’obiettivo progettuale. Tramite l’ottimizzazione geometrica è possibile dare un’intelligenza ai propri modelli, facendo in modo che “si progettino da soli” perché tale processo iterativo viene svolto in automatico dal sistema CAD. Per svolgere l’ottimizzazione geometrica è necessario fornire al sistema le informazioni:

a. Parametri geometrici che possono essere modificati Vengono definite le quote che possono essere modificate dal sistema CAD. Viene anche fissato il loro valore massimo ed il loro valore minimo in modo da evitare che il sistema generi configurazioni geometriche impossibili o non realizzabili (es. geometrie autointersecanti, assiemi troppo grandi o troppo piccoli per l’utilizzo a cui sono destinati).

b. Vincoli funzionali Vengono definiti dei parametri di controllo che possono essere delle quote del modello, o parametri come la massa, il volume, la superficie, e si fissano dei vincoli, ad esempio che il loro valore debba mantenersi al di sotto di una certa soglia.

c. Obiettivo Si fissa un obiettivo da raggiungere per uno o più dei parametri di cui sopra. Utilizzando parametri e vincoli funzionali, il CAD potrebbe infatti trovare numerose soluzioni: l’obiettivo serve proprio a scegliere l’alternativa migliore (es. il modello con il minor peso)

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Tolleranze per pezzi non rigidi o flessibili

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Struttura in lamiera costituita da due supporti ancorati a un frame con una serie di viti M10. I due supporti vengono collegati con quattro viti M12 prima del montaggio nella struttura principale.

Struttura in lamiera costituita da due supporti ancorati a un frame con una serie di viti M10. I due supporti vengono collegati con quattro viti
M12 prima del montaggio nella struttura principale.

La stessa norma Asme classifica e definisce le parti rigide (che non cambiano forma e dimensione per effetto del proprio peso) e parti non rigide, come i pezzi in gomma, lamiera sottile o in plastica, che possono piegarsi anche per effetto del loro peso. Questa definizione non è propriamente corretta, in quanto si possono progettare componenti che, pur non cambiando forma per effetto del proprio peso, si deformano o flettono una volta applicata una forza congruente con le esigenze di controllo e di montaggio. Di conseguenza, una definizione corretta di corpo rigido e non rigido può essere la seguente: “un corpo rigido è un componente che non si deforma o flette di una quantità che impedisca la sua funzionalità sotto l’effetto delle forze e vincoli di montaggio”. Viceversa, un componente viene definito non rigido o flessibile quando si deforma anche sotto l’effetto del proprio peso (es. o-rings), oppure non mantiene la propria forma quando è montato nei suoi datum funzionali (pezzi stampati in plastica, pezzi in lamiera, tubi e supporti sottili, pezzi in gomma, ecc.). Si prenda l’esempio dell’assieme di figura, in cui una struttura in lamiera è costituita da due supporti ancorati a un frame con una serie di viti M10. I due supporti vengono collegati con quattro viti M12 prima del montaggio nella struttura principale.

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Simulazione: “bussola” per la progettazione

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Lo sgabello in plastica deve sopportare il peso di una persona di 100 Kg che si posiziona in piedi. La prima simulazione evidenzia che la freccia è eccessiva (oltre 10 mm). Nasce quindi la necessità di modifi carlo per renderlo più rigido diminuendo la feccia. Se possibile, si farà in modo da aumentare il fattore di sicurezza, e di mantenere contenuto il peso per ridurre i costi.

Lo sgabello in plastica deve sopportare il peso di una persona
di 100 Kg che si posiziona in piedi. 

Per moltissimi anni gli strumenti di simulazione sono stati utilizzati quasi unicamente per validare il progetto esecutivo prima della costruzione del prototipo. Questo approccio metodologico non ha permesso di sfruttare in pieno le loro potenzialità per tre motivi:

1. Un progetto esecutivo è descritto da un modello tridimensionale dettagliato che richiede un grande investimento di tempo per semplificare la geometria e renderla adatta ad eseguire una simulazione.

2. Nel caso in cui la validazione dia esito negativo, occorre modificare il progetto, ma quando questo è ormai giunto alla fase esecutiva non sempre tutte le modifiche sono possibili e i tempi e i costi richiesti sono altissimi.

3. L’esito della validazione ha un impatto talmente cruciale sulla progettazione da esigere una precisione elevatissima sia nell’impostazione della simulazione, sia nei risultati.Ciò ha comportato che l’utilizzo di questi strumenti fosse limitato quasi unicamente agli specialisti, perché la maggior parte dei progettisti riteneva di non avere le capacità per raggiungere tali target di precisione.

L’approccio che si propone, per fare in modo che la maggioranza dei progettisti possa sfruttare nella maniera più efficace le potenzialità degli strumenti di simulazione integrati all’interno del sistema CAD tridimensionale, prevede di attenersi alle seguenti linee guida:

– Iniziare ad effettuare la simulazione fi n dalle primissime fasi di progettazione, su dei modelli concept molto semplificati (early design).

– Porsi uno o più obiettivi (es. raggiungere un certo fattore di sicurezza e se possibile tenere basso il peso)

– Iniziare una serie di tentativi di modifica (al fine di raggiungere l’obiettivo) per iterazioni successive effettuando una simulazione ad ogni modifi ca. Si tenga presente che i software di simulazione sono integrati nell’interfaccia del sistema CAD e sono associativi: una volta impostata la prima simulazione, a fronte di successive modifiche del modello 3D non è necessario reimpostare le condizioni al contorno, ma è sufficiente solamente lanciare il calcolo.

– Non preoccuparsi di avere una precisione assoluta del risultato o una veridicità del 100% delle condizioni al contorno, quanto piuttosto di identifi care delle tendenze (ovvero valutare se la modifica apportata abbia dato un beneficio oppure no).

I software di simulazione dispongono di strumenti specifici che aiutano il progettista a mettere in pratica questi suggerimenti facendogli ricavare rapidamente le informazioni utili ad identificare le tendenze e prendere delle decisioni.

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Funzione “rientranza” dei sistemi CAD: le molteplici applicazioni

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Fig.1

 

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Fig.2

La funzione “rientranza” crea una cavità o una protrusione su un corpo solido in modo da corrispondere esattamente alla sagoma di un altro solido. E’ anche possibile definire un gioco rispetto a tale sagoma e, nel caso delle protrusioni, lo spessore delle pareti che verranno create. Poiché il numero di applicazioni di questa funzione è elevatissimo (principalmente i settori packaging, prodotti di consumo, arredamento,
macchine), ne verranno illustrate le potenzialità presentando alcuni esempi di utilizzo. La funzione rientranza può essere utilizzata per modellare diversi tipi di confezioni in plastica precostruite e utilizzate come contenitori di piccoli oggetti (denominate blister). Ad esempio, per il confezionamento di un cacciavite, la forma del blister potrebbe corrispondere esattamente alla sagoma del cacciavite (fig. 1). L’operazione può essere svolta partendo dal file 3D del cacciavite dove si disegna una superficie piana che ha come delimitazione i contorni esterni della confezione. Successivamente, utilizzando la funzione rientranza, è possibile imprimere sulla superficie una cavità che corrisponde esattamente al negativo della sagoma del cacciavite; la funzione permette anche di definire un offset per lasciare qualche decimo di gioco. Rispetto a metodi di modellazione più conosciuti (sottrazioni booleane o offset di superfici), che richiedono la selezione delle facce del cacciavite, la funzione rientranza si dimostra più veloce, perché permette di modellare il blister in un’unica operazione. Questa funzione inoltre riduce al minimo gli errori in caso di modifica, perché utilizza direttamente la geometria del modello senza richiedere la selezione di superfici. Più spesso il blister ha una forma piana da un lato, e dall’altro ha una cavità che riprende la forma dell’oggetto da contenere. Anche in questo caso può essere utilizzata la funzione rientranza per deformare la superficie piana, mediante un solido che rappresenta l’ingombro del cacciavite (fig. 2).

Base in plastica di un frullatore

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Fig.3

Si supponga di aver già modellato il concept di un componente in plastica che costituirà la base di un frullatore. La forma di questo componente deve essere adattata per potersi accoppiare a quella del contenitore nella parte superiore del frullatore. Molto spesso questa esigenza richiede di dover rimodellare buona parte del componente in plastica: grazie alla funzione rientranza questa operazione non è necessaria e si possono generare forme molto complesse con grande facilità. Questa funzione è in grado adattare la forma della base in plastica a quella del contenitore generando delle superfi ci con un gioco rispetto alla forma del contenitore, e con uno spessore che viene defi nito dall’utente (fig. 3).

Stampo per il soffiaggio di bottiglie di vetro e packaging

Tutti i CAD tridimensionali dispongono di funzioni di sottrazione booleane, tramite le quali è possibile creare delle cavità o degli stampi. Quando vengono effettuate tali operazioni però viene eliminato il corpo che è stato sottratto. Vi sono alcuni casi in cui si ha la necessità di preservare il solido che è stato sottratto. La funzione rientranza dà la possibilità di creare delle cavità in un corpo solido sottraendo il volume di un altro solido, senza eliminare il corpo che viene sottratto.

Drawingless o Paperless: il futuro del Disegno

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dCome si è sempre sottolineato dalle pagine di questa rubrica, il disegno cartaceo svolge oggi anche un ruolo “contrattuale” tra chi progetta e chi produce o chi deve controllare i prodotti. Le regole rigorose del linguaggio grafico, standardizzate e conosciute nella comunità tecnica internazionale, permettono di risolvere ogni tipo di contenzioso tra committente e contraente, tra azienda e fornitore poiché si ottiene una rappresentazione completa ed univoca del prodotto, con tutte le caratteristiche, forme e dimensioni. Per questo motivo diventa difficile immaginare oggi una diffusione di un approccio drawin-gless per la documentazione tecnica finale del prodotto. Nel contesto attuale di un mercato globalizzato altamente competitivo, per cogliere l’opportunità di una maggiore efficienza nello sviluppo dei prodotti, le aziende devono usare una strategia che porti all’automazione dei sistemi informativi aziendali a supporto del prodotto, integrandoli in un unico ambiente, al cui centro c’è il modello digitale (Model-Based Enterprise, MBE). Il componente chiave di questa filosofia produttiva è una nuova definizione del prodotto denominato ‘’Model-Based Definition (MBD)’’ che è descritta attraverso un modello digitale 3D che contiene tutte le annotazioni e le informazioni del prodotto (materiali, trattamenti termici, tolleranze, ecc.). Un altro termine usato nell’industria per descrivere tutti i dati digitali associati con un prodotto è PMI “Product and manufacturing information” cioè un modello 3D CAD contenente, oltre ai parametri geometrici e topologici, alcune informazioni di solito residenti nel disegno 2D, come quote, tolleranze e altri attributi non geometrici come la finitura superficiale, numero di revisione, ecc. Sfruttando i dati digitali, la geometria del modello viene condivisa con le applicazioni a valle, come i dispositivi di metrologia a coordinate (CMM), e il controllo numerico (CNC), garantendo una piena interoperabilità dei dati e il riutilizzo dei dati ingegneristici e rendendo in questo modo inutile il documento disegno. La norma ASME Y14.41 del 2012 ha defi nito le regole ed i principi per descrivere in modo completo un prodotto in un formato 3D digitale. Le stesse regole sono stabilite dalla ISO 16792:2006 (che richiama tutti i principi della Y14.41-2003 col permesso ASME). Le due norme hanno introdotto alcuni importanti concetti e principi per introdurre nella pratica industriale moderna un modello digitale completo di tutti gli attributi geometrici, funzionali e tecnologici.

La metodologia utilizzata in questo scenario è drawingless, poiché si usa il 3D in luogo dei disegni 2D tradizionali e paperless, in quanto si utilizzano solo dati digitali.

Ma è proprio così? Si prenda in esame la soluzione SolidWorks MBD (Model Based Defi nition) che, oltre ad annotare secondo gli standard correnti il modello 3D, consente di pubblicare formati di file largamente utilizzati, come eDrawings e PDF 3D, in modo da fornire informazioni associative come quote, tolleranze, note tecniche, distinte materiali. E’ anche possibile esplorare il modello in 3D con funzioni di traslazione, zoom, rotazione, misurazione, sezione. In questo modo è stato ottenuto un documento che può essere definito come “pseudo drawing”, in quanto, pur non rispettando i canoni del disegno tradizionale, consente:

• La creazione di viste e sezioni (Top, right, bottom, ecc.) analoghe a quelle delle proiezioni ortografiche.

• L’aggiunta di note, simboli, distinte materiali.

• L’utilizzo di un template con il riquadro delle iscrizioni completo del logo dell’azienda e di informazioni tecniche gestionali.

• La possibilità di stampa di ogni vista, ottenendo gli stessi benefici del disegno tradizionale. Questo tipo di approccio può essere il ponte di collegamento tra la tecnica MDB e il disegno 2D, permettendo alle aziende una lenta e proficua transizione alla documentazione tecnica del futuro, che, sfruttando i dati intelligenti del modello digitale, consente di evitare i costi e i tempi associati allo sviluppo dei disegni 2D, che possono ammontare fino al 50% del costo totale di sviluppo.

Come si controlla una tolleranza di localizzazione?

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Fig. 1 - Il controllo delle tolleranze geometriche per la stragrande maggioranza di pezzi prodotti si realizza attraverso l’elaborazione manuale dei dati raccolti con strumenti di misura tradizionali, o via software, utilizzando una macchina di misura a coordinate (CMM).

Fig. 1 – Il controllo delle tolleranze geometriche per la stragrande maggioranza
di pezzi prodotti si realizza attraverso l’elaborazione manuale dei dati raccolti
con strumenti di misura tradizionali, o via software, utilizzando una macchina di
misura a coordinate (CMM).

La verifica di tolleranze geometriche di localizzazione è estremamente complicata, soprattutto se durante il collaudo è necessario tener conto di tolleranze addizionali dovute al modificatore di massimo materiale per la tolleranza (Bonus) o addirittura sul riferimento. L’uso di calibri funzionali è generalmente limitato ai casi in cui debbano essere verifi cati una grande quantità di componenti in modo che il tempo ridotto di ispezione possa compensare l’elevato costo di produzione del calibro. Per questo motivo, il controllo delle tolleranze geometriche per la stragrande maggioranza di pezzi prodotti si realizza attraverso l’elaborazione manuale dei dati raccolti con strumenti di misura tradizionali, o via software, utilizzando una macchina di misura a coordinate (CMM). Entrambi i metodi richiedono il bloccaggio del pezzo in un sistema di riferimento a 3 piani (Datum Reference Frame, DRF) rispettando la sequenza prevista dal disegno. In questo caso un calibro è simulato usando i dati rilevati dalla macchina ed elaborando i risultati attraverso un’analisi grafi ca oppure utilizzando opportuni software dedicati.

Le analisi FEM delle bielle

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biellaLa biella è uno degli organi meccanici più comunemente utilizzati nei sistemi meccanici. Serve a trasformare il moto rotatorio in moto rettilineo alternativo (o viceversa) ed è, quindi, utilizzato nei manovellismi, come, ad esempio, nei motori e nelle pompe alternative. Molte sono le problematiche legate alla progettazione e la costruzione delle bielle, la cui soluzione richiede conoscenze approfondite nel campo dei materiali, dei trattamenti superficiali, della dinamica delle macchine, dell’analisi dello stato di sforzo e della progettazione a fatica. Se si pensa all’impiego del metodo degli elementi finiti come strumento per migliorare la progettazione delle bielle non si può prescindere dal considerare tutti questi aspetti per impostare l’analisi tenendo conto della sua finalità. Ma partiamo con ordine, e vediamo dapprima le maggiori peculiarità progettuali e costruttive di questi organi delle macchine.

 

Richiami comportamentali e costruttivi

Come noto, la biella è un organo di macchina che collega la manovella ai pistoni, muovendosi in moto piano e trasformando il moto alterno dei pistoni in moto rotatorio (o viceversa). Tale funzione conferisce alla biella la particolare geometria, illustrata in Figura 1, che la caratterizza e che prevede due sedi per l’accoppiamento con l’albero a gomiti, attraverso bronzine o cuscinetti volventi, e con i pistoni, attraverso bronzine e spinotti. I vincoli che legano la biella a tali organi sono schematizzabili come cerniere: la biella è, quindi, sollecitata da sola azione assiale dai carichi esterni. Tuttavia, le forze di volume, particolarmente importanti per bielle utilizzate in sistemi con elevate regimi di rotazione, fanno in modo che la biella sia sollecitata anche da azioni flessionali. Senza entrare nei dettagli della cinematica e nella dinamica della biella, infatti, è possibile con semplici calcoli evidenziare come le accelerazioni prevedano una componente assiale e una trasversale; quest’ultima, appunto, responsabile delle forze d’inerzia che origine al carico distribuito che provoca l’insorgere della flessione. Per quanto riguarda i carichi esterni, come già menzionato, danno origine ad azioni assiali che, durante il ciclo di rotazione della manovella, assumono valori di trazione e di compressione. Riassumendo, quindi, due sono gli aspetti da considerare nello sviluppo del progetto di una biella: da un lato la variabilità dei carichi applicati e la presenza di azioni assiali e flessionali variabili nel tempo, il che implica l’esigenza di considerare la verifica a fatica della biella. Dall’altro la possibilità di carichi di compressione elevati che, assieme al contributo della flessione, possono dar luogo a fenomeni di instabilità. Vi è un altro aspetto legato alla geometria della biella che deve essere considerato. Infatti, il suo sviluppo geometrico fa si che non si possa soddisfare i requisiti per l’applicazione delle formule teoriche per il calcolo degli sforzi, rendendo necessario, per la verifica a fatica, ricorrere ad analisi capaci di quantificare l’effetto di sovrasollecitazione indotto dai dettagli geometrici (in particolare in corrispondenza delle zone di accoppiamento con i perni).

Mappa degli sforzi di una biella.

Mappa degli sforzi di una biella.

L’analisi a elementi finiti

Quanto sopra riportato, pur senza aver alcuna pretesa di essere esaustivo e di tracciare un quadro completo degli aspetti coinvolti nel progetto delle bielle, permette di apprezzare la complessità progettuale di questo elemento meccanico e, con essa, anche quanto le analisi a elementi finiti possono contribuire a migliorare il risultato finale. Tuttavia, è evidente che il successo di un’analisi di questo tipo richiede una corretta impostazione, la quale dipende dalle finalità dell’analisi stessa. In altre parole, un’analisi a elementi finiti di una biella avrà un’impostazione differente a seconda che la si voglia utilizzare per calcolare il carico critico, valore che determina le condizioni di instabilità oppure per la determinazione dello stato di sforzo per poi eseguire la verifica a fatica, il che richiede la determinazione degli sforzi locali nei punti critici del pezzo.

Calcolo dei carichi esterni

Una fase preliminare da eseguire a monte di entrambe le analisi prima descritte è quella che riguarda la determinazione dei carichi esterni, il che vuol dire delle forze che vengono trasmesse alla biella dagli organi con i quali è collegata. Tali analisi possono essere eseguite sia facendo riferimento al modello di calcolo teorico della Meccanica Applicata alle Macchine sia utilizzando strumenti di simulazione “multi-body”, che consentono il calcolo dell’andamento dinamico dei carichi anche per sistemi complessi, per i quali l’approccio teorico sarebbe di difficile applicazione, oppure costringerebbe ad approssimazioni.

La verifica a fatica

Una volte noti i carichi applicati è possibile sviluppare le analisi FEM per la verifica a fatica. In genere il modello FEM viene sviluppato a partire da un modello solido. La necessità di determinare gli sforzi locali nei punti critici, richiede lo sviluppo di modelli con elementi solidi, preferibilmente esaedri. Se, a causa di geometrie particolari o perché si intende sviluppare una più veloce mesh “free”, può essere necessario utilizzare elementi tetraedrici: in questi casi è bene utilizzare i tetraedri a 10 nodi (funzioni di forma del secondo ordine), che consentono un calcolo più preciso degli sforzi locali, che sarebbero sottostimati eccessivamente con gli elementi a 4 nodi e funzioni di forma lineari, pregiudicando la correttezza della verifica a fatica. A tal proposito, è bene sottolineare che, quando si utilizzano elementi solidi, l’accuratezza dei risultati dipende fortemente dalla dimensione degli elementi finiti utilizzati, in particolare nei punti critici. E’, quindi, bene eseguire un’analisi di convergenza dei risultati prima di procedere con la verifica a fatica. Le analisi eseguite devono essere ripetute per tutto il ciclo di lavoro della biella, in modo da ricostruire, dapprima attraverso mappe tipo quelle di Figura 2 e, poi, elaborando i dati numerici, il ciclo di fatica e identificare il ciclo di fatica (sforzo massimo, sforzo minimo e sforzo medio) nei punti critici e valutare la loro pericolosità.

La verifica d’instabilità

In questo caso i dettagli geometrici della biella assumono minore importanza, in quanto l’insorgere delle condizioni di instabilità non dipendono dallo stato di sforzo locale ma dalla complessiva rigidezza dell’elemento. L’analisi di buckling da eseguire prevede la definizione dei carichi di progetto e di quella che viene chiamata perturbazione numerica dei carichi, che porterà alle condizioni di buckling. Il calcolo eseguito prevede la soluzione di un sistema lineare con il calcolo degli autovalori dello stesso e permette, quindi, la determinazione del moltiplicatore dei carichi perturbativi che danno luogo all’instabilità. Ciò permette di conoscere quanto siamo lontano dalle condizioni critiche. Un calcolo d’instabilità non lineare, pur a fronte di una maggiore complessità, permette di tenere in considerazione di tolleranze e imperfezioni, che giocano un ruolo importante nell’insorgere di tali problematiche.

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La figura professionale dell’Ingegnere

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PISA , 7 aprile  2016 ore 13,40

Sede dell’incontro: Scuola di Ingegneria Università di Pisa Aula Magna Ulisse Dini  – Largo Lucio Lazzarino 1 – Pisa

L’associazione ANIPLA (Associazione Nazionale Italiana Per L’Automazione) http://www.anipla.it/ si propone di promuovere e divulgare la conoscenza, lo studio e l’applicazione dell’automazione industriale in tutti i suoi aspetti scientifici, tecnologici, economici e sociali. In quest’ambito da numerosi anni ha attivato incontri tra gli studenti delle Facoltà di Ingegneria di alcune Università Italiane, Istituti Tecnici o Professionali e le aziende leader dell’automazione industriale. Nonostante il diffondersi di informazioni e il potenziarsi dei mezzi di comunicazione, può accadere che alcuni studenti laureandi e ingegneri neolaureati, malgrado abbiano seguito un curriculum di studi orientato alle problematiche proprie dell’Automazione, siano in difficoltà ad effettuare la scelta lavorativa appropriata e non prendano in considerazione la possibilità di un inserimento in aziende operanti in questi campi. D’altra parte, la scarsa conoscenza che il mondo produttivo ha a volte della preparazione impartita dalle Università in queste discipline, specialmente in relazione alla nuova articolazione degli studi universitari, può portare ad un’inefficiente valorizzazione delle potenzialità dei giovani ingegneri specializzati o anche alla ricerca di neolaureati da assumere in un insieme di persone dotate di assai minori competenze specifiche. Le aziende che operano nel mercato dell’automazione richiedono competenze e figure professionali provenienti dal settore dell’Ingegneria industriale e dell’Informazione. Per contribuire a superare questi inconvenienti, l’ANIPLA, che da anni promuove i contatti tra studenti e aziende operanti nel settore dell’Automazione, organizza un incontro tra aziende e studenti interessati a una carriera professionale nell’Automazione. L’incontro, aperto a tutti gli studenti e neolaureati, è rivolto in particolare agli allievi dei corsi di Laurea e Laurea Specialistica/Magistrale in Ingegneria Elettronica, Gestionale, Informatica, Meccanica e Telecomunicazioni. Per favorire una partecipazione attiva, dopo le presentazioni delle Aziende intervenute, l’incontro prevede ampio spazio per un dibattito con gli studenti.

Partecipano all‘incontro:

BECKHOFF AUTOMATION S.r.l. – PILZ  ITALIA S.r.l. — RITTAL S.p.A. — SCHNEIDER ELECTRIC S.p.A TETRA PAK PACKAGING SOLUTIONS S.p.A.– WITTENSTEIN S.p.A.

Ospite: esperienza sull’automazione industriale applicata nell’industria.

Conoscenza diretta e visione globale in ambito internazionale a cura dell’Ing. Maurizio Mangiarotti Global Process Automation and Execution systems Director- Johnson & Johnson

 

 

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Tolleranza di forma: differenti interpretazioni tra normativa ISO e ASME

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Secondo questo principio le deviazioni di forma non sono più limitate dalle tolleranze dimensionali, queste ultime controllano soltanto le dimensioni locali reali di un elemento (misurate tra due punti) ma non i suoi errori di forma. Al contrario, le norme ASME utilizzano come default la “Rule #1” il principio di inviluppo, secondo cui non deve essere superato l’inviluppo della forma perfetta corrispondente alla condizione di massimo materiale di un elemento (fig. 1).

Fig. 2 - Il disegno è corretto secondo le norme ISO, ma è errato secondo le ASME; infatti, per il principio di indipendenza, la tolleranza geometrica può anche essere maggiore di quella dimensionale. Al contrario, secondo le norme ASME, l’albero ha la forma perfetta al massimo.
Fig. 2 – Il disegno è corretto secondo le norme ISO, ma è errato secondo le ASME; infatti, per il principio di indipendenza, la tolleranza geometrica può anche essere maggiore di quella dimensionale. Al contrario, secondo le norme ASME, l’albero ha
la forma perfetta al massimo.

L’esigenza di inviluppo può anche essere applicata con le norme ISO, tramite il simbolo E cerchiato, posto accanto alla quota. A questo proposito si consideri l’albero in figura 2: sembra paradossale, ma il disegno è corretto secondo le norme ISO, ma è errato secondo le ASME; infatti, per il principio di indipendenza, poiché le tolleranze geometriche non risultano più vincolate da quelle dimensionali, la tolleranza geometrica può anche essere maggiore di quella dimensionale e l’albero, ove tutte le sezioni siano al massimo materiale, può avere una forma lobata all’interno della tolleranza di circolarità. La condizione risultante rappresenta il limite del pezzo (external boundary) dovuto agli effetti combinati delle dimensioni, delle tolleranze dimensionali e di quelle geometriche. Al contrario, secondo le norme ASME il disegno è errato poiché l’albero ha la forma perfetta al massimo materiale e quindi la tolleranza di forma (0.08) non può essere maggiore di quella dimensionale (0.033).

Fig. 3 - Esempio di indicazione di una tolleranza di circolarità di 0,2 su un pezzo cilindrico; in ogni sezione perpendicolare all’asse, la zona di tolleranza è compresa tra due cerchi concentrici distanti 0,2 mm. A differenza della normativa ISO, secondo lo standard ASME la tolleranza di forma deve essere minore di quella dimensionale associata.
Fig. 3 – Esempio di indicazione di una tolleranza di circolarità di 0,2 su un pezzo cilindrico; in ogni sezione perpendicolare all’asse, la zona di tolleranza è compresa tra due cerchi concentrici distanti 0,2 mm. A differenza della normativa ISO, secondo lo standard ASME la tolleranza di forma deve essere minore di quella dimensionale associata.

L’esempio in figura 3 mostra un esempio di indicazione di una tolleranza di circolarità di 0,2 su un pezzo cilindrico; in ogni sezione perpendicolare all’asse, la zona di tolleranza è compresa tra due cerchi concentrici distanti 0,2 mm. Nel caso delle norme ISO: 1) La condizione risultante (10.2) si calcola addizionando la dimensione di massimo materiale (10) alla tolleranza di forma (0.2). 2) La tolleranza di circolarità può essere maggiore di quelle dimensionale. 3) La distanza tra due punti opposti della superficie cilindrica deve essere compresa tra 10 e 9.9 mm (local size) Nel caso delle norme ASME: 1) La tolleranza di forma non influenza l’esigenza di inviluppo, cioè forma perfetta al massimo materiale (10). 2) La tolleranza di circolarità deve essere minore di quella dimensionale 3) La distanza tra due punti opposti della superficie cilindrica deve essere compresa tra 10 e 9.7 mm (local size)

Fig. 4 - Esempio di indicazione di una tolleranza di cilindricità di 0,1mm nello standard ISO e ASME; la zona di tolleranza è compresa tra due cilindrici concentrici distanti 0,1 mm.
Fig. 4 – Esempio di indicazione di una tolleranza di cilindricità di 0,1mm nello standard ISO e ASME; la zona di tolleranza è compresa tra due cilindrici concentrici distanti 0,1 mm.

Naturalmente le stesse considerazioni valgono per la tolleranza di cilindricità (fig. 4) nella quale la zona di tolleranza è compresa tra due cilindri concentrici distanti 0.1 mm. A tutti i lettori poniamo questo quesito: nel caso dello standard ASME, se il pezzo venisse prodotto a una dimensione di 9.95 mm, con un errore di cilindricità di 0.06 (minore di quello indicato nel disegno) il pezzo verrebbe accettato o scartato?

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